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Storia della botola d’ispezione

Raccontata dal fondatore di COMPASSiN Gheorghe Cazan

I collaboratori di Gheorghe, esperti cartongessisti, sono:
Anatolie Cazanu — Iurie Bunduche — Victor Cazanciuc

Esordio come cartongessista

Ho iniziato la mia carriera di cartongessista nel 1997, lavorando con un artigiano di nome Luigi.
Imparavo in fretta il mestiere: mi entusiasmava così tanto che più imparavo più volevo scoprire.
Volevo crescere in fretta, esplorare e migliorare di continuo.

Dopo aver acquisito esperienza e abilità presso varie aziende, ho deciso di mettermi in proprio.
Ho aperto la Partita IVA come artigiano specializzato nella posa di pareti e controsoffitti, costruzioni a secco, soffitti modulari e decorazioni in gesso. Era l’aprile 2001.

Ero pieno di energia: non mi fermava nessuno.

La mia voglia di fare trovava terreno fertile in quel periodo: dopo la crisi degli anni ’90, l’edilizia e le costruzioni a secco erano in grande crescita.
Era un mondo senza limiti che non smetteva di affascinarmi: col cartongesso si può fare di tutto, incluso il grande vantaggio di chiudere gli impianti tecnologici.

Le prime botole d’ispezione

In quegli anni per ispezionare il controsoffitto in cartongesso si utilizzavano botole in lamiera pre-verniciata di bianco.

Non richiedevano stuccatura, la cornice perimetrale copriva il taglio nel cartongesso, la chiusura era con un cilindro e una chiave quadra.
L’anta non era estraibile e veniva fissata al telaio con due perni laterali: a lavoro finito queste botole erano sporgenti e vistose.

Già all’inizio degli anni 2000 avevo scoperto una nuova alternativa alle botole in lamiera: quelle in alluminio e in cartongesso. Non so chi le avesse inventate e quando, ma allora si producevano in modo artigianale e, nonostante i tanti limiti, erano l’opzione migliore sul mercato.

La necessità sempre maggiore in case e negozi di nascondere gli impianti in vani ispezionabili, mi ha portato ad acquistare queste botole per diverso tempo, su proposta del mio fornitore. Alcune avevano la chiusura ad appoggio, altre col sistema “premi-apri”.

Ma, come dicevo, anche queste botole avevano diversi limiti, tant’è che molti architetti non le volevano nel progetto. Erano poco sicure e, detto tra noi, orribili da vedere. Potevano andare bene per ambienti senza grandi pretese estetiche, ma rovinavano l’aspetto di negozi, abitazioni o uffici ben curati.

E non era solo l’aspetto estetico a preoccuparmi.
A ogni posa mi chiedevo: «Ma chi ha progettato queste chiusure? Vorrei tanto che venisse qui a spiegarmi come fare».
Perché, era evidente, che chiunque fosse non aveva mai fatto neanche un giorno di cantiere.

In tutta la nostra carriera di cartongessisti, abbiamo sempre riscontrato difficoltà con le botole in commercio. Permettimi di elencarti quali, forse noterai qualcosa di familiare:

  • Difficili da installare (facendo sprecare tempo prezioso)
  • Difficili da aprire e chiudere dopo averle installate
  • Non rimangono allineate alla superficie del cartongesso
  • Si imbarcano quando le misure superano una certa dimensione
  • I rinforzi sono improvvisati
  • Gli scuretti tra il telaio e l’anta non sono uniformi, specialmente quando installate in verticale
  • Necessitano di 3 mani di stuccatura anche sull’anta

Contestazioni e perdite di tempo e denaro

I problemi elencati sopra hanno portato, nel corso dei vent’anni di lavoro come cartongessisti, a innumerevoli contestazioni. Lavoravamo sempre a regola d’arte, eppure spesso ci richiamavano perché la botola si imbarcava, oppure dovevamo impiegare tantissimo tempo per stuccare le ante e non rientravamo nei costi.

Finché un giorno, dopo l’ennesimo reclamo, ci siamo detti: «Ora basta! Facciamo la nostra botola».

La nostra prima botola d’ispezione

Linea temporale: storia della botola d'ispezione

Era una sera del 2009. Rientrando da lavoro ho detto a mia moglie: «Voglio costruire una botola d’ispezione!»
Lei mi ha guardato spaventata: «Ma esistono già! E poi mica siamo ingegneri. Non abbiamo una fabbrica e dei macchinari. Poi, si guadagna già bene con la posa del cartongesso!»

I miei collaboratori più stretti, il giorno dopo, furono più entusiasti: lavorando assieme in cantiere condividevamo gli stessi problemi e desideri: «Lavoreremo giorno e notte se necessario. Facciamo questa botola!»

Il progetto era la parte più facile: avevo in mente ogni dettaglio, ideato in anni di esperienza, migliaia di botole installate, e tutti i problemi incontrati e risolti insieme. Tutto ciò ha dato vita alla Botola C.

Ho disegnato a mano il profilo del telaio. L’ho portato da un estrusore per renderlo realtà. Ho selezionato i fornitori di materiali e sbrigato la parte più difficile: ricercare i macchinari e gli strumenti giusti. Tutto curando ogni dettaglio e senza pensare ai prezzi. Pensavo solo al risultato.

Mancava solo la cerniera

Volevamo a ogni costo una cerniera diversa da quelle delle solite botole, ma non riuscivamo a trovare quella perfetta.
L’illuminazione è arrivata a Iurie, una delle tante sere in cui finivamo tardi dopo una giornata di lavoro e centinaia di tentativi. Stava pulendo l’area di lavoro quando ha trovato un pezzo metallico dalla forma particolare, e l’ha mostrato ad Anatolie.

Cerniera Botola C

Impazienti ed entusiasti si sono messi a modellare la componente femmina in cui incastrare quel pezzo trovato per caso. Hanno scolpito un pezzo di alluminio con una lima a mano, dando forma sempre più nitida al prototipo della cerniera che sognavamo.

Ma aveva qualche difetto: lo scorrimento non era fluido e si incastrava spesso.
Non volevo abbandonare l’idea, sapevo che avrebbe funzionato. Così ho portato i pezzi da un esperto di meccanica di precisione, un amico di nome Emanuele. Proprio come sapevo che quello era il progetto giusto, sapevo che Emanuele era la persona giusta per aiutarci a ultimarlo.

Dopo una settimana di tentativi, avevamo finalmente la cerniera perfetta, unica al mondo.

Unica come la botola che avevamo finalmente pronta, con le sue caratteristiche e soluzioni:

  • Non era necessario stuccare con tre mani l’anta
  • Non si notava lo spessore del profilo in alluminio
  • Non si incastrava l’anta nel telaio perimetrale dopo la posa
  • Non entrava polvere nel cavedio
  • Non perdeva allineamenti

Da posatori a produttori

I primi modelli realizzati li usavamo nei nostri cantieri. Di conseguenza potevamo testarli costantemente e migliorarli.

Volevamo cambiare ciò che non ci stava bene. Volevamo dimostrare a noi stessi e agli altri che una soluzione migliore era possibile.
Così, prototipo dopo prototipo, si è arrivati a risultati eccezionali. 

I nostri colleghi posatori hanno presto visto la facilità di posa e i risultati estetici che ottenevamo, e hanno iniziato a chiederci di produrre le nostre botole anche per loro.

Così abbiamo pensato: «Se funzionano così bene per noi, produciamole anche per i nostri colleghi!»

Anatolie Cazanu e Iurie Bunduche COMPASSiN
Anatolie Cazanu e Iurie Bunduche, protagonisti della nascita delle botole COMPASSiN

Non è passato molto tempo prima che ci trovassimo davanti a una scelta: continuare a essere posatori e cartongessisti, o cambiare strada e diventare produttori?

Proprio come a inizio carriera, io e i mie collaboratori volevamo essere i migliori nel nostro campo. E l’unico modo per farlo era focalizzarsi e diventare produttori.

Nel 2013 nasce la versione C 2.0

Pensavamo ogni giorno a come migliorare la botola e i processi di produzione per ridurre i costi, migliorare ogni fase e ridurre gli sprechi.

Così è nata la Botola C 2.0.
Era ancora meglio della precedente, in tutto e per tutto. Ogni dettaglio era ragionato, anche i processi produttivi e i costi, che nei due anni a seguire ci hanno permesso di attuare ulteriori migliorie con le versioni C 2.1 e C 2.2.

Botola C

All’epoca era il massimo a cui aspirare. I clienti erano sempre più entusiasti e numerosi.

L’abbandono del cartongesso

Negli ultimi anni tutto ha iniziato a cambiare più velocemente.
Non parlo solo di edilizia. Pensate a televisori, cellulari, automobili… Se anni fa ogni modello restava in produzione anche per 10 anni, oggi in 3 anni è già obsoleto.

Eppure, le botole sul mercato continuano a essere fatte allo stesso modo da più di vent’anni. Tutte si assomigliano e tutte hanno gli stessi problemi.

In seguito a diverse richieste di botole non in cartongesso, ma in legno, ho iniziato a riflettere.
Il cartongesso ha tante qualità. Costruire a secco ha degli enormi vantaggi, ma non si può dire lo stesso delle aperture o degli elementi d’arredo in cartongesso, percepite come di scarso valore.

L’idea di creare una nuova botola ha iniziato a prendere forma: niente più cartongesso, la volevo diversa in ogni dettaglio

Altri motivi per creare una botola diversa

La nostra botola in cartongesso era il meglio in commercio. Ma nonostante i nostri sforzi per renderla ancora migliore, rimaneva pur sempre una botola in cartongesso.

I suoi erano limiti legati al materiale. L’unico modo per superarli era realizzando qualcosa di mai visto prima.

Nel 2019 nasce UGA

Ormai non eravamo più solo esperti posatori, ma anche esperti costruttori di botole.
Coi miei collaboratori abbiamo abbandonato la Botola C e realizzato la botola in nobilitato che supera i limiti ben noti a ogni posatore, proprio perché progettata da altri posatori.

Volevamo qualcosa che non esisteva ancora. Così è nata UGA, con anta di tipo GRAF (nobilitato) che non va stuccata ed è bianca di serie.

Il profilo del telaio è stato realizzato da zero anche per contenere i nuovi accessori progettati:

• Il sistema di apertura e chiusura KLETKA

• I ganci KARDO — un’evoluzione della prima cerniera della Botola C

Le nervature del telaio sono di consolidamento, il telaio non ha limiti di lunghezza. È leggero e resistente, per durare nel tempo ed essere installato senza sforzi.
Niente crepe, niente difetti estetici. Gli ingombri in altezza sono stati ridotti del 24%, perché le botole servono a chiudere impianti a soffitto dove lo spazio è limitato.

Insomma, un’altra volta avevamo trovato soluzioni che avremmo voluto avere prima, quando eravamo posatori.

Ma era abbastanza? Era il momento di fermarci ad ammirare i risultati?

Da UGA a GIGAbotola: la botola che arriva dal futuro

Oltre la lamiera. Oltre il cartongesso. Oltre il legno.

Era il momento di andare oltre ogni previsione e risolvere tutti i problemi tipici delle botole, creandone una che portasse solo vantaggi.
Così, il 4 dicembre 2019, è nata GIGAbotola, realizzata con un’anta completamente diversa e rivoluzionaria in composito di alluminio, abbinata al nostro già incredibile telaio. Leggera, solida e resistente all’umidità.

Una botola che non esisteva e non esiste ancora da nessun’altra parte.

Una botola che in 5 anni ha superato ogni limite visto e immaginabile, che ha permesso di raggiungere il record di 13,6 metri in lunghezza per il controsoffitto di un corridoio.

La botola di 13,6 mt – un unico telaio a sostegno di 13 ante diverse e indipendenti

GIGAbotola è diventata la botola d’ispezione preferita dei nostri clienti professionisti del cantiere.

E poi? Chissà…

A questo punto abbiamo già fatto un primo restyling, ridisegnando ancora una volta il profilo in alluminio, per raggiungere ulteriori traguardi in fase di posa e anche dal punto di vista estetico.

E non finisce qui: sono in corso ulteriori sviluppi per portare GIGAbotola a un livello ancora superiore.
Ma si tratta di segreti industriali, da rivelare solo una volta completati.

A quel punto potremmo dire, ancora una volta, di aver stravolto il mondo delle chiusure per impianti e delle chiusure filo muro.
Del resto, la nostra filosofia è quella del miglioramento continuo.

Per questo non ci fermeremo mai: continueremo a lavorare ogni giorno per proporre qualcosa di nuovo sul mercato. Per risolvere problemi comuni ma che chi non conosce il cantiere non può risolvere.

Ma per adesso, ci fermiamo ad augurare buon compleanno alla GIGAbotola nel giorno in cui, 5 anni fa, è stata realizzata per la prima volta.

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